Capodanno 2009 in Costarica , SF Gianfra

 

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Qualche giorno in Costa Rica, Capodanno 2009

 

Siamo tornati dal Cile da neanche un mese che mia moglie mi propone di ripartire per il Costa Rica. Laggiù una sua lontana compagna delle elementari vive da alcuni anni e ci propone di trascorrere insieme il capodanno, tra l’altro proprio nel 2009 farà ritorno con la famiglia in Italia e, quindi, o adesso o mai più.

Curiosamente alcuni mesi fa avevo acquistato una guida del paese centro americano… e la proposta non può trovare terreno più fertile che la mia voglia di viaggiare unita al particolare affetto per quella parte del mondo.

E’ così che il 26 dicembre partiamo per l’unico percorso, ancorché alquanto improbabile, che siamo riusciti a trovare con così poco anticipo e per il periodo più trafficato dell’anno.

Il volo American Airlines ha come destinazione Charlotte in North Carolina dove dobbiamo anche pernottare, sia all’andata che al ritorno, nel Holiday Inn dell’aeroporto in attesa della connessione per San Josè.

La cosa migliore della serata in terra americana, a prescindere dalla per me odiosa ed ingiustificata vessazione sulle impronte digitali, è il bancone del ristorante dell’Holiday Inn. Qui, un enorme bar man in maglietta da football ci serve due belle birre, mentre in tv va la classica partita e siamo circondati da personaggi di ogni estrazione sociale: dalla signora ingioiellata accompagnata dal marito in gran tiro alla famigliolona di colore parecchio sovrappeso.  Il top è l’arrivo del piatto di nachos che abbiamo ordinato, enorme è un diminutivo.

Finalmente atterriamo a San Josè e all’aeroporto abbiamo il piacere di essere accolti come dei vecchi amici da Gaia il marito Mattia ed il cugino Igor.

La loro residenza, in un tipico comprensorio recintato in periferia, è graziosa e subito nobilitata dalla carbonara con cui Mattia ritiene di confermare che loro, pur vivendo qui da qualche anno, sono e restano italiani e soprattutto… romani.

La velocità dell’organizzazione del viaggio, la ferma convinzione di mia moglie circa le scarse attrattive del mare del Costa Rica e la particolare situazione connessa ai nostri doveri di ospiti mi hanno imposto un programma ristretto ed orientato alla natura interna.

 

 

 

 

 

 

Il Costa Rica è la quint’essenza del concetto di micro clima, nello spazio di 2 km le condizioni ambientali posso cambiare radicalmente fermo restando che ci troviamo in un luogo dove la fertilità della terra è incredibile.

Al termine del pur breve soggiorno sarà chiara in me la convinzione che se si sputa in terra il seme di un frutto in una qualsiasi parte di questo paese ne nascerà sicuramente qualcosa ed in tempo assai breve.  Ed inoltre che se sulla terra ci fossero ancora degli eredi dei dinosauri dovrebbero essere nascosti nelle impenetrabili foreste del Costa Rica centrale.

Comunque, con la promessa di rivederci per trascorrere insieme il capodanno, affittiamo una Jimni a quattro ruote motrici per dirigerci verso la riserva naturalistica di Monteverde.

 

 

 

 

 

 

La serata prima della partenza si trascorre al Tiquicia, un ristorante panoramico sulla città dove veniamo portati dai nostri ospiti a gustare un discreto misto di carni locali ed ammirare le luci notturne della capitale.

La strada per Monteverde, come tutte quelle che affronteremo, è alquanto malmessa e la scelta delle 4 ruote motrici appare azzeccata. Ci fermiamo alle Cabinas Don Taco, residenza spartana ma funzionale a Sant’Elena e decidiamo di visitare il giardino delle farfalle.  La visita è piacevole e riesco a fare qualche bella foto anche se non gradisco il nostro anfitrione quando dimostra la propria abilità a trattare con dei grossi insettoni che sembrano delle blatte.

 

 

 

 

 

 

La cena è assai piacevole nell’ottimo ristorante italiano del nostro compaesano scappato da queste parti, si chiama Tramonti e offre un trattamento che veramente non ci si aspetterebbe in questo angolo di mondo.

Il giorno successivo decidiamo di seguire il consiglio della nostra Rough Guide e, invece della riserva di Monteverde che viene definita troppo turistica, optiamo per la più defilata riserva di Sant’Elena.

Ci immergiamo in una realtà tropicale e lattiginosa, la luce naturale quasi non si vede per quanto è fitta la vegetazione, animali di tutti i tipi si palesano per un attimo o ci vengono narrati dalla guida. 

 

 

 

 

 

Appena arrivati ci imbattiamo in quello più strano, un pizote, una sorta di grosso tasso marroncino con un enorme coda a periscopio che ci sembra quasi finto. Il pomeriggio viene invece dedicato ad un’attrazione la cui descrizione ci aveva lasciati alquanto scettici.  Si parlava di percorsi di ponti sospesi, posti anche a 40 metri da terra che permettono di vedere la foresta da prospettive assolutamente insolite, entrando quasi nelle “case” degli animali che vivono sugli alberi.

Ci ricrediamo del tutto del nostro scetticismo, lo skywalk, come lo chiamano qui, è un’esperienza assolutamente originale.  Di fatto passeggiamo tra scimmie, uccelli e panorami notevoli per una serie veramente infinita di passerelle poste ad altezze incredibili.

 

 

 

 

 

 

 

Non so se le foto scattate riescano a dare un’idea dell’esperienza, ma si tratta di qualcosa che vale certamente la pena di provare.

Purtroppo la sera non può concludersi al Tramonti, tutto prenotato, e l’alternativa scelta, Las Riendes, ci fa riempire la pancia di carni e carboidrati troppo pesanti.

Il giorno seguente ci facciamo una bella tappa di macchina per raggiungere la cittadina di La Fortuna passando per Tilaran e costeggiando il grande lago de Arenal.

L’obiettivo principale è vedere il grande vulcano Arenal, anche se rientreremo in quel 50 per cento dei viaggiatori che non riesce a scorgerne la vetta, perennemente avvolta nelle nubi.

 

 

 

 

 

 

 

Alloggeremo al piacevole hotel Don Bosco e consumeremo dei discreti pasti al vicino La Parada, qui si mangia pollo in molte salse diverse.

L’escursione pomeridiana al vulcano non sarà un successo, mentre in serata torneremo per cercare di vedere qualche fenomeno della continua attività eruttiva del vulcano.  Per un attimo, io e qualche altro fortunato, scorgeremo tra le nuvole i chiari segni rossi di lapilli esplodenti e potremo considerare la spedizione parzialmente riuscita.

L’altra attrattiva della zona sono degli enormi parchi acquatici che sfruttano la grande quantità d’acqua disponibile e le sorgenti a tutte le temperature determinate dalla vicinanza del vulcano attivo.

 

 

 

 

 

 

 

Anche in questo caso, almeno io, sono un po’ scettico su quello che mi sembra un divertimento di tipico stile americano ma mi dovrò ricredere.

Andiamo alle piscine Baldi dove trascorriamo alcune ore di vera allegria. In una vegetazione lussureggiante si susseguono decine di vasche a temperature differenti con cascate e giochi d’acqua di tutti tipi.  C’è anche un altissimo toboga con il quale decido di cimentarmi, anche se dallo scivolo più basso, per venir catapultato a velocità folle nella piscina sottostante.

Mia moglie mi guarda preoccupata mentre lanciato come un missile a pelo d’acqua sfioro un altro bagnante un po’ incauto nell’avvicinarsi troppo alla fine dello scivolo.

 

 

 

 

 

 

Rientriamo con piacere a San Josè dove i nostri ospiti hanno affittato per l’occasione una grande casa in un parco su una collina dalla quale si ammira la città, siamo a San Josè della Montana.

E’ un’assurda baitona di montagna, ma vista che l’hanno costruita degli austriaci si intende che si sono voluti mantenere vicini ai loro tipici standard costruttivi.

Siamo una ventina, compresa la locale proprietaria dell’unica fabbrica di salumi costaricense fantasticamente fidanzata con un giovane e simpatico musulmano che il maiale non può proprio toccarlo.

 

 

 

 

 

 

L’atmosfera è incredibilmente rilassata in mezzo a questo gruppo di italiani che, per la maggior parte, ha tagliato definitivamente e da tempo i ponti con il nostro paese per vivere, a quanto sembra, in maniera molto meno problematica e molto più serena.

Il primo giorno dell’anno nuovo trascorre in grande rilassatezza nel giardino interno del comprensorio che ci ospita, mentre l’ultimo della nostra permanenza qui proviamo a raggiungere un altro vulcano, il Poas, che domina su San Josè.

Anche questa volta siamo poco fortunati, perché arrivati al cancello del parco che lo ospita, dopo una notevole gincana di curve e strade malmesse, troviamo una lunga fila di auto i cui occupanti hanno avuto la stessa idea, non ci dispiace allora quando Mattia decide di desistere per proporci qualche percorso alternativa con diverse viste sui paesi sottostanti.

La cena al giapponese Samuri ci ricompensa degli sforzi della giornata e ci prepara al lungo viaggio di ritorno via Charlotte.

Nel complesso il paese mi è sembrato una sorta di succursale degli Stati Uniti con conseguente azzeramento della cultura locale, tuttavia l’esplosiva presenza della natura ne fa una meta che anche un breve soggiorno come quello descritto ha potuto comunque rendere memorabile di certo, però, grazie anche alla calda accoglienza dei nostri ospiti.

 

 

 

 

 

 

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